Hai finito di stringere?
Chiese il dentifricio
alla mano del padrone.
Non vedi che non ce n'è?
Lasciami stare e
trovatene un altro.
Pensi che puoi...ancora...
qualche goccia?
Son solo lacrime,
non sai che farne.
Lì fuori è pieno,
tubetti gonfi tronfi
di sé pronti
a esploderti sotto
le dita, nuovi.
Quel che potevo
te l'ho dato
e non lo rivoglio.
Sai solo spremere,
tanto vuoto hai il cuore.
E quegli occhi son giusto
specchi in cui perdersi.
Temo un bacio tuo.
Giurami, ti prego, che non mi bacerai.
E se non riuscissi più
a farne a meno mai?
Se ogni bocca poi
divenisse inutile?
Labbra che non oso,
pelle di un angelo
e pensieri di cento satiri.
Un lamentoso avvenire
senza te, un odiato
domani. Trattengo
il fiato e sei
qui davanti.
Non conta altro
che il tocco.
Gradini di note
sospendono il cuore,
come i Led Zeppelin
ti inchiodano e
senza accorgerti
sei già in viaggio,
dove non sei più tu,
ma respiro dell'anima.
Ero bella di riflesso
e il mio Narciso divino
giaceva d'erba supino,
soave gli occhi posavo
su quel dolce sottile stelo.
E non avevo più corpo
se non quello suo
e voci solo echi lontani
di un mondo alieno.
Noi eravamo bellissimi
di crudeltà pura vestiti.
Non chiedo altro
spero sogno vivo
per ricordare
di essere
di essere
di essere
con te, leggera.
Fu il vento odoroso,
sciami di pollini,
primavera in festa,
per noi peccatori,
avvolti di rovi,
a portarci laggiù.
Fazzoletto di cielo,
riserva quel pò
di velato sipario.
Sarà la prima volta,
ti vedo di giorno,
la luce ci dona.
Illumina quegli occhi,
bambino monello,
irresistibile bastardo,
in piedi come un marmo
di foro antico.
Mi sembra un secolo,
conoscerti al sole
mentre in me la sete
muore e cede il passo
a risate e giochi silvani.
Sera di luna varia
sale e scende come il mio umore
persa tra le chiacchere
dell'una o dell'altro
nascondo in guance rosse
pomodoro e sangue
sui capelli affondano
le mie mani che
non senti
i pensieri che non odo
ombre gialle che noti
rossastre angosce paura
di nient'altro che aspettare
accoglierti ancora come
non succede da tanto, mai
come sempre e quando inizierai
sarà l'universo
a scomparire.
a Lucianino
Se non abbracciassi di tanto in tanto
la mia dolce follia,
madre di mani aperte dove
stanco il cuore in carezze infinite,
vivrei come chi non sa sognare
per paura di restare fuori.
Io che son nata al di là,
tra sbotti di solitudini care
e slanci cosmici di amore.
Non ho rabbia, odio non ho
se non per le crociate di ieri
e di oggi e per tutti gli impettiti
convinti di essere così
alti e sì potenti sopra me.
Anima immersa che lasci
intravedere altro che tessere
di uno spaventoso mosaico,
l'orrido mio roccioso
rifugio di diseredati.
Ecco ti accolgo figlio,
gemma fragile che scalpiti
e le tue dita sfuggono,
farfalle impazzite nell'aria
e occhi puri su codesto mondo,
spalancati di ansie ridicole.
Bic sparsi per tutta la casa
e niente da accendere.
Mani che hanno sete
e occhi spalancati, bocche aride.
Non arrendere i tuoi sogni,
piccolo amore senza rete,
calma per cuori incerti.
Serrature che han perso la chiave,
corde amare che ti chiamano.
Fantasmi di giorno e lampi
che illuminano notti acute.
Brividi bagnati di dolori,
un corpo che non ha pace.
E tu che risiedi unico
in uno scrigno ben difeso.
Puoi portarmi via i miei sorrisi,
le lacrime che trattengo,
la dignità che non sai,
il tempo rubato agli anni più dolci.
Ignaro di tutto di me.
Il mio odore, quello no.
L'essenza di un cuore
e cartilagine cocciuta che,
addosso alle mie mutevoli
anime di sale,
rispecchia il viaggio.
La pelle non si cambia
e tu, viscido e vuoto,
colmo solo di te,
tu non sai di niente.
Amore, sono da te
sconvolta, estasiata,
straziata, vinta.
Combatto per te,
guerriera dei sogni,
afferro ogni goccia.
Amore mio solo,
mitico desiderio
e incubo di ferirti.
Ammaliata, soggiogata,
languida giaccio.
E tu che sei la fonte,
divino orifizio
dal quale pender esangue,
tu mi eludi.
